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Al Breegans

Sono le 17:10, una fredda serata invernale e dal molo che sto percorrendo vedo un semicerchio con striature rosse e gialle che si sta immergendo in un mare blu prussia con leggere increspature, un  gabbiano compie strane giravolte infastidito da un vento a sbalzi cos’ì come i miei capelli e la mia nuca.
Tiro  bene su il bavero del mio loden e soffio aria calda sulle mani.
Il mio passo è lento, il cervello stanco manda impulsi intermittenti che le mie gambe malvolentieri accettano, la gola è secca e la cartina della Rothmans si trasforma veloce  in brace e cenere.
Le mani toccano la sporgenza della tasca dei miei pantaloni di velluto.
Il Breegans e il suo legno che assorbe birra, alcool, disinfettanti, lucidi o i segni che qualche avventore lascia del suo passaggio mi accoglie con il sottofondo di una canzone di Johnny Cash, mentre gli odori delle piastre in cui il prosciutto e le verdure si risolano lentamente invadono le mie narici.
Percorro questi rombi di cotto rosso per avvicinarmi a uno di quei trampoli di legno con in cima quel cerchio su cui il mio posteriore si accomoda ; emano un sospiro di sollievo e le mie mani toccano il legno di ciliegio sporgente del bancone.
Pochi avventori distratti e una banconista dai capelli neri con la sua  divisa nera  con  la scritta del pub in evidenza mi si avvicina per accogliere il mio mugugno a cui segue l’ordinazione di una birra a doppio malto.
<Quale? Abbiamo la Adelscott, la Moretti,…>
>La Adelscott grazie> i miei occhi si spostano da quelli evidenziati da un trucco pesante alle persone sedute nelle mie vicinanze.
In fondo al bancone un magro uomo sulle trentina con una folta capigliatura sta leggendo un giornale  molto spiegazzato. Osservo un abbigliamento casual e un paio di occhiali di metallo cerchiati e mi alzo dallo sgabello avvicinandomi a lui.
< Ciao Secchione!> la mia voce si alza di qualche tono.
<Eih ,Roby>
L’immancabile pacca sul mio loden blu mi ricorda che sono ancora vestito e fa caldo, appoggio il mantello  all’appendiabito lì vicino mentre lo sguardo di Simone non si è ancora spostato  dall’articolo.
<Hai già ordinato?>
<Si, aspetto, anche tu?>
<Si, che mi racconti di nuovo sul tuo corso?>
Abbandona e ripiega quelle pagine spiegazzate e vedo qualche scintilla nei suoi occhi marroni solitamente apatici.
<Procede>
<Che hai imparato oggi di nuovo?>
<Il metodo Swot?>
< Che è sta’ roba?> e i miei neuroni incominciano a svegliarsi dal tepore.
Prende una penna dalla tasca della sua camicia scozzese e disegna un grafico sul porta birra, con scritte inglesi che non capisco.
<Non è complicato, prima di affrontare qualsiasi problema si  guardano i propri punti di forza e debolezza che riguardano l’oggi e il nostro interno e sono i due riquadri in alto mentre i due riquadri in basso riguardano il domani e l’esterno.
A sinistra ci sono gli elementi positivi, a destra quelli negativi.
I punti di forza vanno potenziati e rappresentano gli argomenti principali da comunicare. I punti di debolezza vanno migliorati, neutralizzati o ridimensionati. Le opportunità vanno colte al momento giusto per trasformarle in punti di forza, tenendo presente che se vengono trascurate possono diventare minacce o punti deboli. Le minacce sono la conseguenza dei punti deboli, di opportunità trascurate, di punti forti non utilizzati come si potrebbe. Se si può, vanno trasformate in opportunità.>
Ascolto con attenzione  una spiegazione precisa detta con parole opportune come è logico aspettarsi da un tipo pignolo quale  è lui e guardo il suo porta birra con lo schizzo.
< Beh, forse è qualcosa che si può applicare anche in altri ambiti oltre al tuo specifico>
<Non lo so, forse, è teoria, che serve  ad  indirizzarti   al meglio  e a pensare ai  punti in cui devi migliorarti nella scrittura, nel mio caso>
E’ arrivata la banconiera dai capelli neri  con le birre e il mio sorriso viene ricambiato da lei e alla fine parliamo di calcio.

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